Il già e non ancora
Pubblicato da Don Natale Ioculano in Pubblicazioni Parroco · Sabato 28 Mag 2022 · 3:15
Tags: Don, Natale, Ioculano, Parrocchia, San, Francesco, GioiaTauro
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Domani, domenica 20 maggio,
celebriamo la festa dell’Ascensione al cielo di Gesù Cristo. Essa inaugura il
tempo del cosiddetto “già e non ancora”. Del già compiuto ma non ancora
realizzato, una dinamica, questa, che investe la vita di ogni persona.
Il “già e non ancora” è il tempo
della Chiesa. Essa «esiste per combattere e impedire l'avanzata dell'inferno
sulla terra e per rendere abitabile la terra grazie alla luce di Dio. A partire
da Dio, solo a partire da lui, essa diviene umana… Essa esiste perché possa
accadere l'Alleanza, in cui Dio dona il suo amore e riceve la risposta
dell'amore» (J. Ratzinger)
Se da una parte è vero che Gesù
non è accanto ai suoi fisicamente, come lo era stato negli anni della vita
terrena, dall’altra è anche vero che, nella nuova e definitiva dimensione,
Egli, riesce a essere dentro la vita di quanti liberamente lo accolgono. La
Parrocchia rende visibile e fruibile questa potenza divina, anche, ma non solo,
nella celebrazione dei sacramenti. È la comunione tra coloro che vivono
un’appartenenza concreta e reale a Cristo, e, in Cristo, con tutti coloro che a
Lui appartengono. La comunione così vissuta non è l’esito di progetti né di
strategie ben architettate ma il miracolo della grazia che afferrando l’uomo lo
cambia.
Uomini nuovi cioè che rinascono
continuamente, istante dopo istante, sono coloro che non innalzano limiti per
definire e difendere i propri spazi, e nemmeno le presunte leaderships, ma si
fanno prossimo a chiunque e con chiunque, non disdegnano di coinvolgersi anche
in quelli che, da molti, sono considerati servizi da ultimi. L’amore non è
piramidale ma, in quanto dono di Dio è verticale, e diviene orizzontale se accolto
e vissuto, concretamente, nel quotidiano.
È vero che la Chiesa la fa Dio con
gli uomini ma è anche vero che la Chiesa non può esistere con gli uomini senza
Dio. Se Dio abita realmente la vita degli uomini lo si vede nella misericordia
che regge le relazioni della e nella comunità, se manca questa tutto è calcolo
che alla fine scarta quanto è fuori misura.
Le parole di San Paolo incarnano
l’immagine dell’uomo nuovo: «Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli,
ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che
strepita. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e
avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le
montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo
tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la
carità, a nulla mi servirebbe.
La carità è magnanima, benevola è
la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d'orgoglio, non manca
di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del
male ricevuto, non gode dell'ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto
scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
La carità non avrà mai fine. Le
profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà… rimangono queste tre cose: la fede, la
speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!» (1Cor 13,1-13)
Il “già”, lo ha compiuto nostro
Signore, il “non ancora”, realizzarlo è compito nostro. Buon cammino a me e a
voi.
Don Natale Ioculano